In materia di diritto di accesso ai dati contenuti nella cartella clinica di persone decedute deve farsi riferimento alle disposizioni dell’art. 9, comma 3, del codice per la tutela dei dati personali, che disciplinano in modo diretto l’esercizio del diritto di accesso per le informazioni relative a persone decedute, prevedendo che essi possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio o agisce a tutela dell’interessato o per motivi familiari meritevoli di tutela.
Tale disciplina regola anche l’accesso alla cartelle clinica, dal momento che non può trovare applicazione la disciplina specificamente prevista in materia dall’articolo 92 del medesimo codice, la quale consente l’accesso alla cartella clinica solo a persone diverse dall’interessato che possono far valere un diritto della personalità o altro diritto di pari rango.
Se dovesse applicarsi questa disposizione anche dopo la morte, neppure i più stretti congiunti potrebbero accedere ai dati personali del defunto in assenza dei presupposti richiesti dalla norma, con conseguenze paradossali e, comunque, del tutto opposte alle tesi degli appellanti.
Non è neppure utile il richiamo per analogia all’articolo 82 del medesimo codice, che regola la diversa situazione della prestazione del consenso al trattamento dei dati personali in caso di impossibilità fisica o giuridica dell’interessato e che prevede che il consenso possa essere fornito, in assenza di chi esercita la potestà legale, da un prossimo congiunto, da un familiare, da un convivente o, in loro assenza, dal responsabile della struttura presso cui dimora l’interessato.
La disciplina dell’articolo 9 del codice regola, invece, compiutamente ed esaustivamente la questione del trattamento dei dati personali delle persone decedute, in quanto indica chi può esercitare l’insieme dei diritti previsti dall’art. 7 dello stesso codice, il quale, nel disciplinare il trattamento dei dati medesimi, considera non solo le posizioni soggettive di chi può esercitare il diritto di accesso, ma anche quello di chi può opporsi ad esso.
Legittimo è l’interesse ad accedere agli atti richiesti, in quanto rivolto ad ottenere informazioni utili ad agire in giudizio a tutela della propria sfera giuridica, la cui fondatezza non deve essere valutata ai fini dell’accesso.
Di conseguenza, esso costituisce interesse proprio tutelabile ai sensi dell’art. 9 del codice per la protezione dei dati personali.