Solo in caso di duplice sanzione per la medesima violazione, commessa nella stessa stagione sportiva, la violazione del regolamento d’uso dell’impianto sportivo può comportare l’applicazione del cosiddetto DASPO.
Il Daspo (da D.A.SPO., acronimo di Divieto di Accedere alle manifestazioni SPOrtive), è una misura prevista dalla legge italiana al fine di contrastare il fenomeno della violenza negli stadi o palazzetti di qualunque disciplina sportiva.
La misura del daspo venne introdotta con la legge 13 dicembre 1989 n. 401 e ad esse seguirono varie norme: il D.L. 22 dicembre 1994, n. 717 e la successiva conversione in L. 24 febbraio 1995, n. 45; Il Decreto legge 20 agosto del 2001, n. 336 seguito dalla conversione tramite legge del 19 ottobre 2001, n. 377; Il Decreto legge 24 febbraio 2003, n. 28, convertito dalla legge 24 aprile 2003, n. 88; il Decreto legge del 17 agosto 2005, n. 162, con la successiva legge di conversione del 17 ottobre 2005, n. 210 (legge Pisanu) culminando con il DL 8 febbraio 2007, n. 8, convertito con la Legge del 4 aprile del 2007, n. 41 (legge Amato).
L’art. 1-septies del d.l. n. 28/2003, convertito in l. n. 88/2003, così dispone:
“1. L’accesso e la permanenza delle persone e delle cose negli impianti dove si svolgono le competizioni riguardanti il gioco del calcio sono disciplinati, per quanto non previsto da disposizioni di legge o di regolamento, dal regolamento d’uso degli impianti medesimi, predisposto sulla base delle linee guida approvate dall’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive di cui all’articolo 1-octies.
2. Chiunque, fuori dei casi di cui all’articolo 1-quinquies, comma 7, entra negli impianti in violazione del rispettivo regolamento d’uso, ovvero vi si trattiene, quando la violazione dello stesso regolamento comporta l’allontanamento dall’impianto ed è accertata anche sulla base di documentazione videofotografica o di altri elementi oggettivi, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro. La sanzione può essere aumentata fino alla metà del massimo qualora il contravventore risulti già sanzionato per la medesima violazione, commessa nella stagione sportiva in corso, anche se l’infrazione si è verificata in un diverso impianto sportivo. Nell’ipotesi di cui al periodo precedente, al contravventore possono essere applicati il divieto e le prescrizioni di cui all’articolo 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, per una durata non inferiore a tre mesi e non superiore a due anni“.
Secondo l’interpretazione del Tar Milano (sez. I n. 1567/2015) il comma 2 si compone di tre periodi: il secondo prevede l’incremento della sanzione “qualora il contravventore risulti già sanzionato per la medesima violazione, commessa nella stagione sportiva in corso” ed il terzo consente, con riferimento puntuale all’ipotesi “di cui al periodo precedente” (e dunque al caso di pregressa ulteriore sanzione), che al contravventore possano essere applicati il divieto e le prescrizioni di cui all’art. 6 della l. n. 401/89.
Secondo il TAR Torino aifini del daspo non si è verifica il presupposto della recidiva se è solo notificato il verbale contenente la contestazione e la quantificazione della sanzione, ma è necessario che si pervenga, quanto meno, alla conclusione del procedimento sanzionatorio.
E’ opportuno ricordare che la L. 689/81 in materia di procedimento sanzionatorio prevede una fase di contestazione, attraverso la notifica del verbale entro il termine di 90 giorni dalla violazione; a questo punto il trasgressore può scegliere se estinguere la sanzione mediante il pagamento in misura ridotta, ovvero presentare opposizione al Prefetto, con richiesta di essere sentito.
In tal caso il procedimento si conclude quindi con l’archiviazione o l’ordinanza ingiunzione, adottata dal Prefetto nel termine stabilito da ciascun procedimento, decorrente dalla presentazione dell’opposizione (termine che viene maggiorato se vi è la richiesta dell’opponente di essere sentito).
Nei due procedimenti in esame, il Questore ha inviato il verbale di contestazione, con l’indicazione della sanzione e della possibilità di pagare in forma ridotta, ovvero di presentare opposizione al Prefetto: mentre per la seconda contestazione il ricorrente ha scelto di sottoporsi alla sanzione con il pagamento in misura ridotta, per la prima ha invece presentato opposizione al Prefetto, chiedendo di essere sentito.
Ne consegue che il relativo procedimento è ancora in itinere, dal momento che il Prefetto, al momento della notifica del divieto impugnato, non aveva ancora provveduto a convocare il ricorrente e ad irrogare la relativa sanzione ai sensi dell’art. 1 septies comma quarto, d.l. 28/03.
Si deve quindi escludere che vi sia la doppia sanzione e quindi il presupposto per applicare il daspo, tenuto anche conto che le ipotesi per le quali può essere applicata la sanzione interdittiva in questione sono tassative.
È pur vero che la norma potrebbe prestarsi ad un uso strumentale (l’interessato presenta sempre opposizione al fine di procrastinare i tempi per la sanzione definitiva ovvero per non giungere mai a creare i presupposti della recidiva), ma è altrettanto indubbio che è interesse anche dell’Amministrazione di concludere celermente il procedimento sanzionatorio, presupposto per l’adozione poi di misure interdittive.