Lo strumento dell’ accesso civico generalizzato si aggiunge, nel nostro ordinamento, a quello connesso agli obblighi di pubblicazione (articoli 12 e ss. del D. Lgs. 33/2013) e alla più risalente disciplina di cui agli articoli 22 e ss. della L. 241/1990 in tema di accesso ai documenti.
In estrema sintesi si tratta di un diritto di accesso non condizionato dalla titolarità di situazioni giuridicamente rilevanti ed avente ad oggetto tutti i dati, i documenti e le informazioni detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli per i quali è stabilito un obbligo di pubblicazione (cfr. linee guida ANAC 28/12/2016, par. 2.1).
Il nuovo istituto dell’ accesso civico generalizzato è teso a massimizzare la trasparenza amministrativa, secondo i principi costituzionali di trasparenza e buon andamento, per far comprendere dall’esterno le decisioni assunte nel perseguimento dell’interesse pubblico;
Detta modalità di accesso agli atti ha un oggetto molto esteso, in quanto tutta la documentazione detenuta dalla pubblica amministrazione è accessibile, qualora non ricorrano le tassative circostanze di cui all’art. 5-bis del D. Lgs. 33/2013.
In altri termini, l’ampio diritto all’informazione e alla trasparenza dell’attività delle amministrazioni resta temperato solo dalla necessità di garantire le esigenze di riservatezza, di segretezza e di tutela di determinati interessi pubblici e privati (come elencati all’art. 5-bis del D. Lgs. 33/2013) che diventano l’eccezione alla regola, alla stregua degli ordinamenti caratterizzati dal sistema FOIA, acronimo derivante dal Freedom of Information Act, e cioè la legge sulla libertà di informazione adottata negli Stati Uniti il 4/7/1966 (T.A.R. Campania Napoli, sez. VI – 13/12/2017 n. 5901).
Per rifiutare l’ accesso civico “generalizzato ai sensi dei citati commi 1 e 2 dell’art. 5-bis (tutela di interessi pubblici o privati di rilievo ordinamentale), la pubblica amministrazione procedente deve indicare quale sia il “concreto pregiudizio” che corrono tali interessi e non può più opporre tali limiti quando termina il periodo temporale “nel quale la protezione è giustificata in relazione alla natura del dato”, ai sensi del comma 5 dell’art. 5-bis del D. Lgs. 33/2013 (T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV – 14/11/2017 n. 2157).
Nelle linee guida ANAC del 28/12/2016, adottate d’intesa con il Garante per la protezione dei dati personali, si afferma che il “bilanciamento degli opposti interessi” è ben diverso nel caso dell’accesso ai sensi della L. 241/90 – dove la tutela può consentire un accesso più in profondità ai dati pertinenti – rispetto al caso dell’accesso generalizzato, dove le esigenze di controllo diffuso del cittadino devono consentire un accesso meno in profondità (se del caso, in relazione all’operatività dei limiti) ma più esteso, avendo presente che in questo caso comporta, di fatto, una larga conoscibilità (e diffusione) di dati, documenti e informazioni;
E’ subito da chiarire che va escluso che l’amministrazione possa legittimamente assumere quale unico fondamento del diniego di accesso la mancanza del consenso da parte dei soggetti controinteressati, atteso che la normativa, lungi dal rendere questi ultimi arbitri assoluti delle richieste che li riguardano, rimette sempre all’amministrazione destinataria dell’istanza il potere di valutare la fondatezza della pretesa (cfr. sentenza T.A.R. Campania Napoli, sez. VI – 9/3/2017 n. 1380).
In secondo luogo, non è rilevante che il documento sia stato formato da un altro soggetto, se la p.A. procedente lo detiene stabilmente, così come statuito dal legislatore in materia di accesso “documentale”.
Peraltro il diritto di accesso civico generalizzato deve essere assicurato nella sua pienezza e immediatezza, senza possibilità di frapporre alcun tipo di ostacolo, anche rappresentato dalla necessità di ricercare il documento entro un’ampia lista che presuppone il possesso di una capacità di “orientamento” tra le pagine internet (ove il percorso non sia intuitivo e di immediata comprensione).
L’ANAC ha, infine, messo correttamente in luce come <<l’accesso generalizzato è servente rispetto alla conoscenza di dati e documenti detenuti dalla p.a. «Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico» (art. 5, comma 2, del d. lgs. n. 33/2013). Di conseguenza, quando l’oggetto della richiesta di accesso riguarda documenti contenenti informazioni relative a persone fisiche (e in quanto tali «dati personali») non necessarie al raggiungimento del predetto scopo, oppure informazioni personali di dettaglio che risultino comunque sproporzionate, eccedenti e non pertinenti, l’ente destinatario della richiesta dovrebbe accordare l’accesso parziale ai documenti, oscurando i dati personali ivi presenti>>.