Illegittimo il diniego del trasferimento ai sensi della legge 104 del 5 febbraio 1992 non avrebbe manifestato alcuna concreta e attuale esigenza di tipo organizzativo idonea a giustificare il diniego del suo trasferimento presso la sede più vicina alla residenza del padre portatore di handicap.
L’art. 33 co. 5 della legge 104 del 5 febbraio 1992 è stato modificato, com’è noto, dalla legge 4 novembre 2010, n. 183, che ne ha espunto la previsione dei requisiti della continuità ed esclusività dell’assistenza quali condizioni per il trasferimento del lavoratore presso la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere.
Ne discende che gli unici parametri entro i quali l’amministrazione deve valutare se concedere o meno i benefici previsti dalla norma in esame sono, da un lato, le proprie esigenze organizzative ed operative e, dall’altro, l’effettiva necessità del beneficio, al fine di impedire un suo uso strumentale.
In questa prospettiva, la giurisprudenza ha chiarito che l’art. 33 co. 5 della legge 104 del 5 febbraio 1992 non costituisce in capo al dipendente un diritto incondizionato al trasferimento, in tal senso dovendosi intendere l’inciso “ove possibile”, contenuto nella norma.
Grava peraltro sull’amministrazione datrice di lavoro l’onere di dimostrare l’esistenza di ragioni oggettive tali da rendere prevalente l’interesse organizzativo a trattenere il dipendente nell’attuale sede e, per l’effetto, recessivo l’interesse alla tutela del congiunto disabile al quale prestare assistenza; fermo restando che la necessità di assicurare l’apporto assistenziale alla persona in condizione di handicap si configura prevalente e prioritaria rispetto ai trasferimenti da effettuarsi secondo gli interpelli periodici a livello nazionale, volti a soddisfare, di massima, le esigenze di rientro nella sede di origine in base all’anzianità di servizio maturata (per tutte, cfr. Cons. Stato, sez. III, 10 novembre 2015, n. 5113).
Il diniego di trasferimento opposto ad un agente di polizia dall’amministrazione procedente con riferimento a generiche esigenze funzionali dell’ufficio di appartenenza nonchè dell’ufficio di destinazione, prive di ogni riscontro obiettivo in ordine al numero di unità di personale impiegate nell’una e dell’altra sede, raffrontato alla consistenza delle rispettive dotazioni organiche, rende assolutamente inverificabile la motivazione posta alla base del diniego, rimanendo su un piano di totale astrattezza.
In altri termini, se è vero che il trasferimento può essere negato ove non si concili con le esigenze organizzative dell’amministrazione, queste ultime non possono essere affermate in modo generico, ma debbono sempre essere supportate da un corredo di dati concreti, oggettivi e controllabili, che permettano di verificarne rigorosamente la ragionevolezza: diversamente, il diniego finirebbe per essere di fatto insindacabile, con pregiudizio delle necessità assistenziali della persona handicappata.
A sostegno del diniego neppure valgono i rilievi dell’amministrazione circa la presenza di altri familiari disponibili ad assistere il padre del ricorrente. Venuti meno, come si è detto, i requisiti della continuità e dell’esclusività dell’assistenza, le condizioni familiari della persona handicappata possono infatti formare oggetto di valutazione comparativa, sempre che l’amministrazione abbia fornito adeguata dimostrazione delle proprie esigenze organizzative, onde attestarne la prevalenza; quando invece, come nella specie, le esigenze organizzative risultino solo affermate, ma non dimostrate, ecco che la disponibilità di altri familiari non può costituire di per sé motivo idoneo per negare il trasferimento.
Quanto, infine, al ventilato conflitto fra il ricorrente e altri dipendenti con pari qualifica, aspiranti alla medesima sede, ancora una volta si tratta di un profilo organizzativo che l’amministrazione resistente si limita a invocare senza fornire alcun riscontro concreto e verificabile. Con l’ulteriore precisazione che solo a parità di condizioni – dipendenti che aspirano al trasferimento per poter assistere familiari con handicap – è ipotizzabile il ricorso al criterio dell’anzianità di servizio per stabilire una graduatoria fra gli aventi diritto, mentre i trasferimenti ex art. 33 della legge 104 del 5 febbraio 1992 prevalgono sempre, lo si ripete, su quelli ordinari.